La storia del nostro Mulino

Il Mulino di Rocca Pitigliana è un tipico mulino ad acqua con ruote orizzontali dell’Appennino tosco-emiliano, che serviva il paese e le zone limitrofe. Nelle valli bolognesi la maggior parte dei mulini fu costruita tra il Cinquecento e il Seicento, nel nostro caso le ricerche storiche ne dichiarano l’esistenza a partire dal 1590.

I mugnai stessi li costruivano impiegando pietra, ferro e legno, creando i meccanismi che permettevano l’attività molitoria e si occupavano della loro manutenzione. Gli opifici sono sempre stati una fonte di ricchezza per chi li possedeva e chi ci lavorava: la macinazione era essenziali per trasformare i diversi prodotti in materie prime per preparare cibo per gli uomini e per gli animali.  

I Mulini si differenziavano tra loro per la produttività, infatti macinavano per il tempo in cui potevano sfruttare l’acqua dei corsi su cui erano stati costruiti, e per il numero e la tipologia di macine che possedevano.

La loro costruzione era strettamente connessa all’orografia dei luoghi, in montagna e nei rilievi appenninici erano di solito posti in gole umide e fredde. Anche il Mulino della Rocca è ubicato a valle del paese, a circa 400 metri sul livello del mare, sulla riva sinistra del torrente Marano che con una serie di cascate scende verso l’omonimo paese confinante gettandosi nel fiume Reno.

L’Antico Mulino della Rocca presenta ancora cinque macine, un tempo  utilizzate per macinare. Nel primo lungo periodo di attività tutte sfruttavano la forza del torrente Marano che era incanalato in un percorso parallelo sopraelevato e alimentava la vasca di raccolta accanto alla costruzione.  L’acqua, per caduta da un importante dislivello, azionava le macine nella sottostante sala in cui si trovavano gli ingranaggi.

Nell’ultimo periodo di attività invece solo due si muovevano sfruttando la forza idraulica. Le altre tre erano azionate da un motore elettrico a causa della riduzione della portata dell’acqua.

Questo opificio lavorava con macine diverse tra loro per le caratteristiche delle pietre impiegate. Erano destinate al grano, al granoturco, alle ghiande per gli animali, ma soprattutto alla produzione di farina di castagne. Le castagne essiccate venivano portate dai contadini della zona e ancora oggi si possono vedere i ruderi dei piccoli essiccatoi in pietra. La farina di castagne è stata un alimento fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni del territorio, ricco di castagneti. Veniva utilizzata per preparare diversi cibi con un elevato contenuto calorico.

I prodotti raccolti e poi essiccati venivano portati al mulino e qui, dopo essere stati pesati nei sacchi che li contenevano, si versavano attraverso le tramogge (contenitori in legno a forma di imbuto) nel cosiddetto “occhio” al centro della macina superiore. Questa ruotava a una piccolissima distanza da quella sottostante che invece rimaneva fissa per garantire la consistenza delle farine. Il mugnaio doveva valutare e gestire la distanza tra le due macine, governare la velocità di movimento da imprimere e gestire il flusso di acqua in entrata.

L’acqua che aveva permesso la macinazione tornava poi nel torrente attraverso un piccolo canale di scolo situato sotto le pale che imprimevano il movimento. La farina prodotta dalla rotazione delle macine cadeva nel cassone di raccolta in legno sottostante le macine e grazie ad uno sportellino che si apriva lateralmente, la farina si raccoglieva negli stessi sacchi con cui i contadini avevano trasportato i prodotti da macinare.

L’esperienza e le abilità del mugnaio conferivano a questa preziosa attività le caratteristiche di arte molitoria.

Il Mulino della Rocca, così denominato nel toponimo, preesisteva certamente al 1807. Un importante ritrovamento in archivio storico delle denunce censite dal Comune di Bologna durante il periodo di presenza delle truppe napoleoniche ne conferma l’esistenza e l’attività. Se ne ha traccia certa nella mappatura di tutti gli opifici esistenti del periodo tra la fine del 1806 e l’inizio del 1807. In questi documenti si ritrova la dichiarazione della proprietà del mugnaio che ci lavorava e le peculiari funzioni dell’opificio. La raccolta dei dati di produttività del censimento rappresentarono la base per ridefinite le quote delle tasse da riscuotere. In questi documenti (registrazione Segnatura della denuncia n. 1285-Mulino) la proprietà del Mulino della Rocca è attribuita a Domenico Bazzigotti e Domenico Melani, quest’ultimo citato come conduttore dell’intero opificio. È inoltre indicato che all’epoca la struttura veniva servita dall’acqua per quattro mesi all’anno e venivano utilizzate due macine per la lavorazione del frumento e delle castagne.

La dismissione di questi opifici artigianali, incluso questo, avvenne ovunque nel corso di pochi anni dall’immediato dopoguerra. Spesso, nel periodo successivo alla dismissione come opifici ed abitazioni dove i mugnai vivevano con la famiglia, sono stati utilizzati come magazzini o laboratori di altri artigiani. Per un certo periodo dopo la chiusura dell’attività, anche il Mulino della Rocca, nei locali soprastanti la sala delle macine, fu un laboratorio di falegnameria. Successivamente l’edificio del Mulino e la casina attigua furono abbandonati ed infine venduti.

Così nel 1999 abbiamo acquistato il mulino e, qualche anno dopo, la casina di pietra accanto, una costruzione risalente all’Ottocento. Le costruzioni necessitavano di ingenti lavori di ristrutturazione. In realtà dati i vincoli a cui sono sottoposti, si è trattato, soprattutto per l’edificio del Mulino, di un vero e proprio restauro che è stato eseguito con la doverosa curaLa Sala delle macine, anche se dismessa e con le parti che ne costituivano i meccanismi smontate, conservava fortunatamente tutte le sue componenti. Questo ci ha permesso di ricostruirla integralmente anche se non funzionante per la mancanza di forza motrice.

Il torrente negli anni ha ulteriormente ridotto la sua portata ma scorre ancora placido accanto all’edificio del mulino, più o meno ricco di acqua a seconda della stagione. Questo ci permette immaginare i tempi passati. I racconti degli abitanti conosciuti in questi anni, ci regalano preziose testimonianze sulla vita che vi si svolgeva: dell’importanza che questo luogo ha rivestito per secoli nella comunità di Rocca Pitigliana e nei paesi intorno.

Luogo di incontro, di fatica, di lavoro, di scambio: sono racconti di una realtà di aggregazione per la società contadina, importante per chi macinava e per coloro che portavano lì il frutto delle loro fatiche a macinazione. Anche di tempi duri, di povertà, ma di solidarietà, appartenenza e condivisione che possiamo solo immaginare.

Quanto è preziosa la memoria e il poterla tramandare!

Per tutto ciò che è stato ci impegniamo nella custodia e nella responsabilità della conservazione. Siamo convinti che la possibilità di aprire luoghi così simbolici come il Mulino della Rocca a persone di diverse età e provenienza, permetterne la visita e la conoscenza, costituisca un patrimonio da condividere con rispetto.

Come arrivare

È possibile raggiungere l’Antico Mulino della Rocca in auto o in treno.

In auto o altro mezzo proprio: percorrendo la Strada Statale 64 Porrettaman e seguendo le indicazioni per Rocca Pitigliana contigua alla frazione di Marano (BO). Troverete l’insegna a lato del ponte sul torrente e l’accesso privato dal cancello contrassegnato dai civici 264/265 dove vi aspetta accanto al campanello la mascotte volpina.

In treno: salendo sulla tratta Bologna – Porretta (andata e ritorno), la fermata è quella di Riola di Vergato. Da qui è possibile chiamare il taxi cittadino da prenotare preventivamente chiamando il numero 051-916038 (Cumani).

In autobus: possibile arrivare in autobus scendendo alla Stazione Ferroviaria di Riola di Vergato. Maggiori informazioni sul sito www.tper.it.

Appartamento "La Meridiana"

Appartamento "I Cervi"

Illustrazioni realizzate da Tiziana Gironi